DI COMPLEANNI ESTIVI, LIBRI SUI MICROCOPY E PUNTINI CHE SI UNISCONO

Good words

Good vibes

Have a good reading!
La situazione è questa: due anni pandemici, tre vaccini fatti e chi prende il Covid la settimana del proprio compleanno? La sottoscritta. Ora, diciamo che sono temprata dal fatto che compiere gli anni il 1 luglio non sia propriamente una passeggiata.
Alla scuola materna festeggiavo insieme ai pochi rimasti, crescendo la situazione non è certo migliorata, quindi me la sono messa in saccoccia e ho capito che pochi ma buoni era la linea guida da seguire.

Poi il caso vuole che faccio un figlio che doveva nascere a settembre e invece tac, anticipo di tre mesi e nasce il 3 luglio: così già facevo fatica a festeggiare il mio, ora si è aggiunto anche il suo. A maggior ragione quindi il mio essere isolata mi costringe a organizzare una festa da remoto, coordinando le maestranze, aka mio marito, che Enzo Miccio scansati proprio.

La cosa positiva, oltre al mio tampone, è che il tempo si è improvvisamente dilatato, non devo fare corse a destra e sinistra, la spesa, il cre, porta, recupera e così eccomi nel letto con pc e le dita che sfrigolano sui tasti come la Jessica Fletcher dei tempi d’oro.

Avevo in serbo di scrivere un post per l’uscita del mio ebook edito da Zandegù. Il libro è uscito il 31 maggio, il tempo di riprendermi dall’emozione ed eccomi qua.

Microcopy mon amour
Un libro sui microcopy, che pazzia! Eppure in una notte di dicembre particolarmente agitata avevo questo tarlo per la testa e vedevo la scaletta davanti a me. Sentivo un fuoco, una voglia di fare, era quella che si definisce bruciante passione per qualcosa che ti fa perdere l’appetito, che quando ti ritrovi a scrivere le ore passano e manco te ne accorgi. Microcopy mon amour è stato il mio passaggio diretto verso lo stato di flow.

Quello che è venuto dopo è stato un sali scendi di emozioni: oddio, ma ce la farò a rispettare i termini, le cartelle, le consegne, sarò all’altezza delle aspettative? No perché, la canaglia, la sindrome dell’impostore ogni tanto faceva capolino e come un uccello del malaugurio si posizionava sulla mia spalla. Ma sapete cosa? L’ho scansata e un pezzetto alla volta ho continuato a scrivere, a fare ricerca, a trovare esempi da inserire nel libro. Non è stato sempre semplice. Non è perché una di professione fa la copy che allora scrivere un libro sui microcopy sia una passeggiata.

È stato uscire dalla mia zona di comfort fatta di testi per siti, blogpost, newsletter per dare vita a un progetto che prendesse per mano il lettore che non sa nulla di microcopy e mostrargli l’importanza di questa piccola parola dal grande potenziale. DI COMPLEANNI ESTIVI, LIBRI SUI MICROCOPY E PUNTINI CHE SI UNISCONO 2

3 motivi per leggere Microcopy mon amour:

  • Ci trovate un sacco di esempi per capire ancora meglio la portata dei microcopy.
  • C’è un capitolo intero sul come scrivere microcopy: cosa fare e cosa non fare.
  • Il tono di voce è leggero e divertente, impossibile annoiarsi, chi si annoia mi scriva!

Bonus: trovate citati Top Gun, il pennello Cinghiale e Calvino. Insomma, quando vi ricapita?

Puntini che si uniscono
Scrivere un libro sui microcopy mi ha aiutata. Non tanto nel mentre, ma quando finalmente l’abbiamo lanciato nell’etere. Perché ho visto concretamente un mio progetto uscire dal cassetto e prendere il volo. È stata un’emozione forte, di quelle che avevo bisogno di provare dopo aver lavorato per tanto nel sottobosco. E i messaggi che ho ricevuto mi hanno riempito il cuore, avevo gettato un seme e iniziavo a vederne i germogli.

E i puntini che si uniscono quali sono?

Sono quelli di questo ultimo anno. Da quando ho preso l’impegno di scrivere il libro ne sono successe di tutti i colori, cose positive e negative, è la vita, del resto.

Pochi giorni dopo l’idea del libro ho subito una truffa. Questo è stato lo spartiacque, non tanto per la cifra che ho perso, ma per le modalità. Mi sono sentita colpevole nonostante fossi la vittima, quando ho fatto la denuncia dai Carabinieri mi pareva di essere nel racconto di Calvino. Mi sono sentita incapace e inetta, proprio io che credevo di essere sveglia. E invece mi hanno fregata. Le certezze sono venute meno, la diffidenza nei confronti dell’altro è aumentata, la mia autostima sabotata drasticamente.

Da questa vicenda, ne sono scaturite altre, per cui ho sofferto davvero molto, ho perso una persona a cui tenevo e per cui avrei dato tutto. Il lavoro mi ha salvata, ho continuato a fare per non fermarmi e le cose hanno iniziato a girare.

In questi mesi ho iniziato a collaborare con Piano C. La cosa che mi piace di più è che ciascuna delle professioniste con cui lavoro porta le proprie competenze e se una cosa ancora non si sa fare, si smanetta finché funziona. Non c’è giudizio, c’è serietà, professionalità, i toni sono sempre accoglienti, genuini e sinceri, ciascuna fa il suo consapevole che ne va del risultato finale. È qui che sto mettendo in atto tutto quello che so sulla User Experience, ma non solo. Il blog è la mia isola sicura, dove mi sento a mio agio, dove le parole si rincorrono per raccontare storie, creare ponti, instaurare relazioni.

Ho tenuto un corso di Digital Copywriting alla Ferrari Fashion School di Milano. Una proposta che è arrivata last second e che ho accettato con l’entusiasmo di chi non ha mai fatto una cosa, insegnare, ma ha tanta voglia di mettersi alla prova. Sveglie all’alba, abbiocchini sul treno, slide da preparare, lezioni da costruire, il tavolo che ciacola, i file da ridenominare in maniera corretta, io che stresso l’anima che la e maiuscola va con l’accento e non con l’apostrofo, attenzione ai refusi e rileggeteli questi testi, sentirsi chiamare Profe, fare battute che solo io capisco –ma come, non sarò mica già Boomer?– e la soddisfazione nel leggere i loro esami e vedere che alla fine qualcosa di buono gliel’ho trasmesso.

E poi c’è lui, IL master.

Eh sì, a fare da contorno a questo e a molto altro, c’è anche lui, il master a cui ho deciso di iscrivermi dopo aver intervistato un po’ di professori ed ex studenti. Architettura dell’informazione e UX Design. L’ho scelto perché volevo formarmi come UX writer, ora però a metà percorso la linea dei puntini sta disegnando qualcosa di inaspettato, per cui mi sono resa conto che la scrittura, che mi appartiene così tanto, può essere usata per costruire relazioni, cambiare le persone.

Ho scoperto, ma non è ancora finita, cosa significhi veramente progettare un sito web e tutto il mondo che ci sta dietro.

Come con le lezioni di Federico Badaloni: un mix tra “oh mio dio non ci sto capendo niente” e “aspetta aspetta che forse ci sono” e mi si accende la lampadina. Il modulo sulla Progettazione funzionale mi ha stesa ma poi mi sono ripresa. Si tratta di usare le parole per progettare: chi meglio di me pensavo. E invece altro che ga pense mì, ho dovuto fare un bagno di umiltà, mettermi sui ceci e levarmi dal mare di razionalità in cui nuoto beatamente senza nemmeno accorgermene. Devi essere più astratta. Ed ecco che l’essere nata il primo luglio, cancro ascendente vergine, si mostra pure nell’architettura dell’informazione.

Insomma, i puntini che in questi anni mi hanno fatto tanto penare perché non vedevo nessuna connessione tra di loro, ora piano piano si stanno collegando.

È stato un anno intenso, per certi versi doloroso, faticoso ma ora che sono qui con i miei giorni di isolamento a farmi compagnia, posso fermarmi e vedere cosa ho fatto. Da sola. Con le mie mani e darmi quella pacca sulla spalla che da brava bergamasca non mi do mai.

Domani, primo luglio, compio 38 anni. Seguirò il modulo di Visual Design, rigorosamente online, mi lascerò stupire da nuovi argomenti, mi diletterò con il mio gruppo Celanio nei laboratori smanettando su Miro e poi alle 19 mi mangerò una pizza gamberetti e rucola.

Anche se non potrò uscire, direi che da festeggiare quest’anno ce n’è parecchio.

Se volete farmi gli auguri scrivetemi un messaggino su Instagram o via mail!

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